Questa è la seconda parte del post sulla Giordania… forse l’ultima, o forse ce ne saranno altre… chi può dirlo!
E poi abbiamo continuato il viaggio, e anche se dovevo tenermi lontano da ogni tentazione lavorativa non ho resistito… e quindi ci siamo ritrovati in auto, il penultimo giorno a correre verso nord, verso il confine siriano per cercare i vigneti giordani, i vigneti di Saint George Vineyards. Si tratta della fattoria più grande del Medio Oriente con i suoi 750 ettari di cui 250 vitati. Saint George Winery , di proprietà della famiglia Zumot, aderisce al National Program for Organic Farming, lanciato da Sua Maestà la Regina Rania nel 2009 e ha ottenuto anche la certificazione di coltivazione organica della Weinfelden di Zurigo.
Dopo essere passati svariate volte davanti ad una caserma, esserci persi in un campo punteggiato di accampamenti beduini, aver chiesto in inglese ad uno di loro dove eravamo, abbiamo trovato la strada per raggiungere i vigneti (che vedevamo a distanza ma non sapevamo come raggiungere) e siamo arrivati.
I vigneti si trovano a Sama, si notano immediatamente, perché sono l’unico spazio verde in mezzo alla terra arrida del deserto.
Inizialmente i vigneti si trovavano nei pressi di Madaba, più precisamente vicini al Monte Nebo, dove sorge la chiesa di Saint George. A Madaba però l’acqua scarseggia e farla arrivare costava un occhio dalla testa, così i proprietari dei vigneti cercarono un luogo più adatto, dove fosse meno difficile reperire l’acqua.
Ora, trovare l’acqua in Giordania è piuttosto difficile, si tratta di uno dei Paesi al mondo con la più alta insufficienza idrica, però ci sono delle eccezioni che ora vi spiegherò.
Sama Vineyard si trova a qualche centinaio di metri dal confine siriano, non lontano da Irbid l’escursione termica tra giorno e notte può superare di gran lunga i 25 gradi, e nel sottosuolo, à 400 mt di profondità, si trova facilmente dell’acqua di ottima qualità. Non chiedetemi come ma Omar Zumot, proprietario dei vigneti in questione ha trasferito i vigneti in questo luogo eccezionale.
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Veniamo accolti dall ‘Ingegnere agronomo Fauzi, che non appena arriviamo ci mostra una vasca colma di pesci… lancia loro del pane arabo e questi si accalcano con voracità per cercare di aggiudicarsi il pezzo di pane più grosso… « ecco – spiega Fauzi – loro creano il concime per i nostri vigneti, infatti li irrighiamo con l’acqua di questa vasca, ricca in materia organica creata dai pesci, così non c’è bisogno di concimare », poi continua « per contrastare i passeri che mangiano l’uva abbiamo preso 4 falchi e una civetta che si occupano di eliminare gli intrusi » e ancora « per gli insetti dannosi abbiamo piantato una serie di erbe aromatiche ai piedi di ogni vigna, salvia, rosmarino, timo, maggiorana, menta, basilico, lavanda… insomma, un tripudio di aromi che potete ritrovare nel vino »
Per cacciare i passeri hanno portato dei falchi e civette, mentre per spaventare le volpi che vengono dalla Siria hanno preso delle oche che starnazzano e mordono senza pietà.
E poi ci sono delle piante grasse, molto belle, con dei fiori fucsia, la piscina con l’acqua calda naturale a 35 gradi, il tramonto da mille e una notte… ecco, giusto per dire. Ma spendo ora qualche parola sui vini, espressione sincera di un territorio arido ma generoso, inospitale a tratti ma estremamente accogliente . Effettivamente pensare a dei vini prodotti in un Paese quasi desertico è un pò difficile per gli europei, abituati perlopiù a forti precipitazioni e clima continentale, in più c’è da considerare la variante religiosa, ovvero l’Islam, che di per sé non favorisce la produzione di vino.
Eppure ci sono cose interessanti, anche se non ne ho assaggiati moltissimi (del resto i produttori se non vado errato sono due), ma un’idea me la sono fatta. Di sicuro sono vini dal carattere piuttosto forte e deciso, pensati per essere facilmente abbinati alla gastronomia locale costituita da mezze piuttosto saporite, ma mai pesanti o grasse.
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Cominciamo con il classico Chardonnay, che di classico non ha nulla ! A parte i 6 mesi in Barrique che gli conferiscono quell’aroma di vaniglia un pò fruttata la sottoscritta ci ha ritrovato un prepotente profumo di Gardenia… ora, non so se mi sono fumata qualcosa, in ogni caso non avrei mai staccato il bicchiere dal naso…
Poi il Muscat… molto tropicale come aroma, dalla dolcezza equilibrata
Per i Rossi ho assaggiato quelli della « winemaker selection », potremmo dire il top di gamma, un Shiraz, un Carmenere (un vitigno che mi affascina parecchio), il Sangiovese e il Graciano.. … il Sangiovese l’ho trovato piuttosto ammansito, sarà il sole, sarà l’elevage, sarà il tramonto da mille e una notte, devo ammettere che questi vini mi sono piaciuti… certo, vini che prima di essere bevuti devono essere capiti. Per esempio, il Pinot Noir è molto particolare…forse un pelo legnoso per le mie papille abituate alla Borgogna e all’Alto Adige, ma qui siamo in Giordania!
Abbiamo parlato di profughi, di guerra, di pace, di vino, di Saint George, il santo protettore della famiglia Zumot… abbiamo sognato di restare lì, e non tornare più, con un bicchiere di chardonnay in una mano ed un mazzo di Gardenie nell’altra.
Il mio consiglio? andateci… trascorrete qualche giorno ad Amman, poi Petra, poi risalite lungo il confine israeliano e poi verso Nord, verso la Siria… lasciatevi guidare dal vostro istinto, non abbiate paura, la paura è nemica della felicità, quella piena, quella che ti fa ridere tra te e te, la vita è troppo breve per avere paura.
Saint George Vineyards è un luogo che non potete mancare, anche se non vi piace il vino…
Un Grazie di cuore a Omar Zumot, proprietario della Winery e a Fauzi, per averci spiegato il segreto del vino in Giordania ed averci nutriti con il cibo delle sue mani!
contatti: telefono +962 6 461 4125
email: contact@zumot-wines.com