Ormai ci siamo, il Vinitaly sta arrivando, giornali del settore e web pullulano di notizie più o meno interessanti.Ciò che mi interessa, e ciò che mi riguarda da vicino, è il settore della comunicazione, vediamo un pò cosa si dice in giro.
Il dato emergente di questa edizione di vinitaly, che festeggia i suoi 50 anni nel 150esimo dell’Unità d’Italia, è una generale diminuzione dei consumi interni del Paese, in favore però di un incremento delle esportazioni tanto da costituire il fiore all’occhiello dell’export del settore agroalimentare.
Tuttavia il ritratto sembra essere un’Italia che produce troppo, comunica troppo poco sul mercato interno e non sa fare sistema nè dentro nè fuori dai confini nazionali. La ricerca di mercato di Vinitaly, il cui scopo sarà quello di fornire una risposta al calo dei consumi interni si articola intorno a tre domande, ovvero in primo luogo se si può sopravvivere di solo export (non di solo export può vivere l’Italia, lo sta già facendo con le teste perdendole in giro per il mondo sigh 😉 ), in secondo luogo se c’è un gap e di quale natura sia, in terzo luogo per quale ragione il trend delle esportazioni sia crescente in contrasto con il consumo interno.
A questo proposito sono state interrogate grandi personalità del mondo del vino, come ad esempio Lucio Mastroberardino, presidente dell’Unione Italiana Vini, Antonello Maietta, presidente di Ais, il giornalista Mario Gatti e Riccardo Facci. La questione, sepppure esposta da differenti punti di vista, sembra essere la comunicazione, sia per gli impedimenti legislativi che per ovvie difficoltà nel creare un forte sistema di carattere interprofessionale, come ad esempio fanno i francesi.
Il verdetto delle interviste successive (Adriano Orsi, Sandro Boscaini, Luca Maroni, Chara Lungarotti, Giuliano Dell’Orto), è senza appello in questo senso, il problema comunicativo c’è, e non si può ignorare. Se il genius loci Italicus funzona bene all’estero, con se stesso la conversazione si fa un pò più difficile, del resto nessuno è profeta in Patria.
Geniale quanto asserito da Giuliano Dell’Orto, soprattutto per le piccole aziende agricole per il quale è necessario rafforzare l’identità della marca focalizzando i tratti distintivi dell’impresa, pianificare la strategia e gli strumenti da utilizzare, costruire un linguaggio di marca unicizzante, razionalizzare l’offerta, ottimizzare il packaging, a proposito, qualcuno in Italia sa che in a Poitiers ogni hanno viene fatto uno studio per analizzare la semiotica delle etichette presenti sulla classifica di Wine Spectator?
Dire che l’Italia non comunica nel modo adeguato il vino è un leit motive che sento da molto tempo, ciò che manca è un vademecum della comunicazione vinicola, che contenga l’ABC della cultura materiale del vino, e tutto ciò che può essere spiegato, con linguaggio chiaro e semplice, sul modus operandi da adottare quando si è piccoli produttori con piccole disponibilità.
Su questo punto France docet, che proprio nel 2009 aveva registrato una diminuzione di consumi interni di circa un milione di ettolitri con previsioni ancora più nere negli anni a venire, ciò non ha impedito alle interprofessioni di organizzarsi per supportare i produttori e di investire, oltre che nei metodi di produzione, anche nei nuovi mezzi di comunicazione, basti per tutti l’esempio dei vini di Corbières. In pratica il messaggio è lo stesso del loro motto: l’unione fa la forza!
Ora non vi annoio più, tutti i comunicati stampa ufficiali li potete trovare qui, io invece bazzicherò quasi ogni giorno tra produttori e produttrici che aderiscono a “proud member of vinix” per una delocalizzazione dal virtuale al reale, e cinguetterò geolocalizzandomi con l’itinerario di Tweetyourwines alla ricerca de Le vin parfait du Vinitaly!