Ma ‘social’ significa davvero digitale nella lingua italiana?

Ti fermi a pensare per un attimo, guardi vecchie foto rubate al tempo. Buste di carta ingiallite e spiegazzate, con appuntate date che fanno riferimento a momenti importanti, vacanze, ricorrenze o semplicemente ad un periodo dell’anno in cui avevi voglia di scattare delle foto per poi portarle a sviluppare. Abitudine ormai perduta nelle scorciatoie insidiose del pret a porter della tecnologia più estrema e della sacralizzazione impietosa dell’hic et nunc della contemporaneità dove non riusciamo neanche più ad attendere il kairos, il tanto amato concetto del tempo opportuno. C’e’ un tempo per ogni cosa si diceva un tempo, quando da piccola non sopportavo di essere piccola e volevo diventare grande a tutti i costi. Ora sono grande certo, ho guadagnato in indipendenza, ma ho perso tutto il resto… Ne valeva la pena? Mah…

E poi questa cosa delle nuove tecnologie, il social, impietosa adozione di un termine che in italiano vuol dire nulla, o quasi, il digitale, dove tutti si esprimono con una miriade di consigli, affermazioni, punti di vista , pensando di aver trovato il segreto di Pulcinella, quando le cose sono davvero semplici e le snocciolo in quattro secondi (conscia di attirarmi probabilmente una buona dose di antipatie). Negli ultimi decenni del XIX secolo un genio di nome Karl Benz associa per la prima volta un motore ad un veicolo dotato di ruote.. E’ a partire dal 1930 che l’automobile inizia a diffondersi in maniera capillare per poi prendere piede a partire dagli anni ’50. Oggi Tutti noi abbiamo un’automobile… Mezzo di trasporto essenziale per la maggior parte di coloro che svolgono una qualsivoglia professione.
Dominique Desieux, sociologo francese, docente alla Sorbonne, spiega bene come l’automobile da status symbol abbia progressivamente acquisito la funzione di bene essenziale allo svolgimento delle attività quotidiane .
Io credo che grossolanamente valga uguale per il media digitale, che aborro chiamare social (che di sociale non ha un caxxo visto che quando pubblico ad esempio un’immagine su instagram mentre mi trovo a tavola, sono oltre che associale anche una cafona! ) . I francesi, che di colonizzazione linguistica ne sanno una più del diavolo, utilizzano infatti l’incontrovertibile termine ‘numérique’ oppure traducono social media con: réseaux sociaux… Reti sociali… Heidegger lo diceva che il linguaggio e’ la casa dell’essere… Evidentemente bisognerebbe aumentare le ore di filosofia nelle scuole superiori… O farla studiare come si deve, per capire che a causa cattivo o parziale utilizzo della lingua italiana ne va poi del fatturato di chi si occupa di tecnologie digitali…. Chi ha orecchi…
Tornando a noi, il media digitale, gli strumenti che ci vengono messi a disposizione sono dei mezzi, e sebbene il medium ad un certo punto diventi il messaggio, ci vuole un contenuto, un detto, un parlato, un ragionato che non cambia con la variazione. Un esempio idiota: se io scrivo: l’albero ha la chioma verde! Questo resta invariato sia che lo scriva a mano, a macchina, su un articolo di giornale che su un blog, su facebook, twitter, instagram e compagnia cantando. Cioè, l’essenza dell’albero, ciò che lo rende albero, non cambia se io lo cinguetto su twitter. Cambia probabilmente il modo, perche su twitter posso mettere una fotografia, che per restare impressa deve avere determinate caratteristiche qualitative.
E poi vorrei sfatare questo fatto che tutti siamo ambasciatori, perche non e’ vero un cavolo, ma proprio un cavolo. Con tutto il rispetto per i consumatori me compresa, ci sono delle persone che hanno la capacità di coinvolgere ed influenzare altri consumatori, e di certo quelli li non ti vengono a scrivere presentandosi con arzigogolate descrizioni acrobatiche chiedendo i prodotti per recensirli, ma sei tu che li devi scovare.
E comunque a mio parere oggi le tecnologie dell’informazione dovrebbero servire non solo a scovare i prescrittori, quanto a prendere per mano i potenziali clienti, coccolandoli e accompagnandoli prima e dopo l’acquisto. Un ottimo customer care dovrebbe essere l’obiettivo non solo dei marchi automobilistici o del settore bancario, ma anche ad esempio dei grandi produttori vinicoli e alimentari… Ma forse mi sbaglio eh…

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