Prima di scrivere qualche riga sul Vinitaly in lingua italiana mi soffermo qua e là, prendendo spizzichi e bocconi… Leggiamo su Vitisphere (che traduco liberamente) web magazine di riferimento del mondo enologico francese qualcosa che da un lato mi lascia di stucco, dall’altro mi inorgoglisce un pò, essendo anch’io, mio malgrado, italiana:
“La Francia ha votato (non tutti), ma non sceglie ancora tra rigore e crescita! La Francia del vino mette in ginocchio la viticultura “plurale”, ma si dice”no” alle autorizzazione per dei vini senza Indicazione Geografica. E’ la politica del ni-ni. Da 30 anni non possiamo più creare dei nuovi vigneti per fare del vino da tavola, e ora del Vin de France. Per nulla sconvolgente che siano stati importanti 4,5 milioni di ettolitri di vino spagnolo per fare del Vino d’Europa!! Paradossale, poiché la Francia è capace di produrre dei grands crus, dei grandi vini (AOP e IGP) e dei vini di piacere di Francia. Come disse uno dei nostri lettori: “in Francia opponiamo i grands crus e tutto il resto. Questo duello economico, enologico e ancora peggio ideologico non permette di scegliere tra le opportunità per rispondere all’insieme delle aspirazioni di consumo degli amatori del vino!”
Se c’è un Paese dove la viticoltura è plurale è proprio l’Italia. Qualche francese perduto nella folla dei visitatori di Vinitaly, (130.000 visitatori dal 6 al 10 aprile). Ogni regione valorizza i propri vini (vignaioli e commerciali), ma anche il proprio turismo (agriturismi), i propri parchi naturali (l’ambiente è il leitmotiv di tutti gli espositori!), la propria agricoltura, quella che completa la coltura della vigna (olive, formaggio, specialità agroalimentari….).
In italia, più di 250.000 aziende agricole producono del vino. In Francia il numero di produttori di vino è ora giunto al di sotto degli 80.000. Italia e Francia producono lo stesso volume (43-42 Hl/anno). Un domaine viticolo francese produce in media tra i 500 e i 600 hl di vino. In Italia un’Azienda Agricola ne produce tra i 200 e i 300 ht, ma le aziende agricole praticano la policoltura e la “pluri attività” (vino, turismo, formaggio, frutti… ambiente). Il vino italiano si vende sempre meglio sui mercati esteri e sempre più costoso.
“Little Italy” non c’è più, l’Italia del vino ha tutto di una grande!
L’Italia è bella, si mangia bene, ci sono paesaggi che ti lasciano di stucco… la gente però continua ad essere mediocre, ad accontentarsi e lasciare che le cose vadano un pò così:
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L’etichetta riporta la cromatografia su carta del terreno di origine; un tipo di analisi messo a punto il secolo scorso dai teorizzatori della biodinamica per tradurre visivamente la vitalità del terreno.
Isidor nasce nel vigneto Vigo a 600 metri di altitudine da uve di Incrocio Manzoni in purezza.”