Riporto di seguito qualche stralcio di traduzione libera della lettera che La Federazione Nazionale Francese dei produttori di vino biologico ha scritto a Bettane & Desseauve in seguito all’articolo da loro scritto su “Terres de vin” ed ad una tribuna intitolata “I vini Biologici: dalla redenzione all’impostura”. Potete leggere la versione integrale originale nella versione francese dell’articolo.
“Signori,
come presidente della Federazione Nazionale Interprofessionale dei vini dell’agricoltura biologica (FNIVAB), ritengo opportuno reagire alla tribuna che avete pubblicato, intitolata: “Il vino biologico, dalla redenzione all’impostura”, oltre che al numero di Terres de Vins al quale avete partecipato. (100 bio o quasi)
Posso solo gioire del vostro interesse per la nostra filiera, ciononostante ho rilevato alcune imprecisioni, che necessitano di un complemento di informazioni.
In primo luogo l’agricoltura biologica non é un “concetto”. Si tratta infatti di un marchio ufficiale di qulità, gestito dall’INAO, alla stregua delle AOC, AOP, IGP e la STG (in Italia potremmo parlare di DOC, DOCG, IGT).
La conseguenza diretta di questo statuto giuridico é chiara: esiste una regolamentazione europea, che tutti i vignaioli devono rispettare se desiderano apporre la menzione “bio” sui loro vini. Questa regolamentazione é oggetto di un controllo annuale, obbligatorio, effettuato da degli organismi certificatori il cui accordo dipende dall’INAO e la COFRAC.
Questa premessa é necessaria proprio perché, in virtù della medesima, non possiamo essere “Bio o quasi”, come lascia pensare il dossier di Terres de Vins. Come del resto non possiamo essere, poiché sono un vignaiolo della Champagne, “Champagne o quasi”. Si é Bio se si rispetta il regolamento, altrimenti no!
Rispettiamo pertanto i vignaioli che si avvicinano al nostro modo di produrre, siamo felici di sapere che ce ne sono sempre di più che fanno delle prove, su degli appezzamenti o parcelle, la “essere in bio” significa essere controllati e certificati.
Ricordare cio’ è tanto più indispensabile che é proprio grazie alla regolamentazione (che a questo proposito non vi permette di presentare nella vostra selezione dei vini biologici.. che non lo sono) che il vino biologico non puo’ essere un’impostura.
La vostra affermazione, secondo la quale, “il vino biologico é un’utopia totale, e peggio, un imbroglio organizzato, quando si nasconde dietro il termine di vino “naturale” o “autentico”, rileva dunque una mancanza di conoscenza seria dell’oggetto in questione. Da un lato esiste un contesto di regolamentazione – quello del vino biologico o biodinamico. […] I vini biologici non sono dunque tutti “naturali”, e i vini “naturali” non sono tutti biologici. La sfumatura é sensibile, ma quando ci si rivolge, come fate voi, al consumatore, deve essere ricordata!
Per cio’ che concerne il vostro discorso di fondo, ammetto di essemi un po’ perso…
Sembra che voi pensiate che la viticultura convenzionale si é “diretta, dagli anni ’60, verso la produttività dimenticando i suoi fondamenti: la valorizzazione rispettosa e sostenibile di terrori eccezionali” Voi ricordate che i viticoltori che seguono la biodinamica ( e i viticoltori biologici nell’insieme) “evitano, e non é da sottovalutare, il ricorso sistematico e inutile a dei prodotti nocivi”, per arrivare alla conclusione “ammetto di non comprendere perché tanti dei loro colleghi non fanno lo stesso”. Non posso, evidentemente, che condividere il vostro punto di vista e la vostra domanda.
Ma voi parlate anche di “indietreggiamento della civilizzazione“, come se la risposta al “tutto chimico” non potesse essere che un ritorno al carro e ai buoi, come se i viticoltori bio fossero dei produttori dogmatici e oscurantisti che rifiutano tutta la nozione di progresso.
Cercate di capire la mia confusione, e, cosa ancor più grave ai miei occhi, la confusione del consumatore al quale vi indirizzate!
Mi permetto dunque di ricordarvi qualche dato puramente tecnico:
– i soli prodotti autorizzati sulle vigne bio sono “lo zolfo, il rame e la calce”; cio’ significa dunaue che la regolamentazione biologica vieta, al contrario, l’utilizzo dei diserbanti chimici, di concimi chimici e di pesticidi chimici di sintesi. Lo Stato Francese ha riconosciuto lo scorso maggio un legame tra la malattia Parkinson e l’utilizzo dei pesticidi chimici di sintesi, questa precisione meritava di essere apportata, poiché, effettivamente, “é assolutamente rilevante”.
– Per cio che concerne il rame, molecola utilizzata da tutti i viticoltori, Biologici e convenzionali, le dosi utilizzabili sono limitate. Ed é un torto a tutto l’insieme della professione, alla quale appartenete anche voi, di considerare che “non vediamo inconvenienti ad accumulare nel suolo il rame, molecola che non si elimina”. E‘ proprio perché l’utilizzo di auesta molecola ci preoccupa tutti che le viticoltori biologici sono arrivati, grazie alla loro esperienza, grazie alla ricerca, a restare sotto le dosi autorizzate. Ed é ancora perché noi non siamo degli irresponsabili che degli istituti tecnici viticoli hanno creato dei programmi di ricerca, da molto anni, sulla riduzione delle dosi e sulle alternative al rame. Vedete, noi siamo già lontani dall’arretratezza culturale che menzionate.
– quanto all’ipotesi del “gene genetico“, ancora una volta, la vostra proposta mi pare confusa: parlate di transgenesi, cosa che non puo’ essere considerata per la viticultura bio, e lo sapete, poiché la nostra regolamentazione europea vieta, nel biologico, l’impiego di OGM. Opporre “le lobby bio” che “gridano allo scandalo” , gli “spiriti deboli” contro gli elogiatori della genetica; é semplificare il dibattito. Proprio ora che anche la commissione europea sembra essere imbarazzata a questo proposito, dove la cacofonia regna presso gli Stati Membri, dove i consumatori si rifiutano di ingerire OGM che certe insegne della grande distribuzione garantiscono “senza OGM”, non sono certo che in tal caso parliamo di un progresso della civilizzazione.
Se la vostra proposta concerne invece la selezione massale, non posso che essere d’accordo, poiché si tratta di uno degli obiettivi dell’agricoltura biologica di utilizzare che le specie di piante più adatte al loro ambiante, rispettando la biodiversità, indispensabile ad una vera viticoltura sostenibile. La filiera bio partecipa anche a dei progetti di ricerca su questo tema. Come vedete, la sfumatura è importante.
Mi fermerò qui, poiché nel tempo di internet e dei social media l’informazione deve scorrere veloce, la sfumatura non ha spazio, e io rispondo già una settimana dopo la vostra pubblicazione, in ritardo!
Sono persuaso, ma probabilmente in maniera naif, che voi siete convinti dell’interesse dei vini Bio (altrimenti, perché fare una selezione su Terre de Vins?), e che non era nel vostro interesse “fare il buzz” opponendo bio e convenzionale, bio e biodinamisti, etc. Come lo mostra d’altro canto il partenariato recente firmato tra l’ITAB e l’IFV, queste querele da villaggio sono fortunatamente alle nostre spalle.
Per tale ragione sarei onorato di proseguire personalmente questo scambio davanti ad un bicchiere di vino bio, poiché, come dite, noi amiamo il buon vino “en pqys gaulois”
Vi prego di accettare, Signori, i miei migliori saluti.
Alain REAUT,
Président de la FNIVAB