La nozione di Marca nel vino in Francia… e in Italia? Marca? What’s?????

Volete sapere che cos’è oggi il brand content in generale ed in particolare per ciò che concerne il settore vinicolo? Allora andate a fare un salto qui, perchè l’esempio di questa agenzia di comunicazione, di cui peraltro parlo spesso nei miei post, è davvero calzante.

Ma se proprio volete approfondire il concetto di brand content, che va sempre di più confondendosi con una serie di articolazioni verbali e visuali di inutilità collettiva, andate al Museo Panini di Modena e date un’occhiata alle figurine Liebig, che grazie alla cromolitografia, ovvero detto più semplicemente per i non addetti ai lavori come la sottoscritta, una particolare tecnica di stampa a colori nata un pò prima delle figurine Liebig;  hanno costituito, insieme ad altri prodotti a stampa, un eccezionale esempio di brand content.

La cromolitografia di ieri è una tecnologia come un’altra, come la stampa, la radio, il web….

Ma veniamo al vino, che forse ci interessa di più.

Cos’è la nozione di « marca » per i vini in Francia?

« Des marques pour se démarquer » :  la lingua francese si adatta perfettamente al gioco di parole che purtroppo in italiano devo tradurre con « Delle marche per differenziarsi »: la nozione di marca vinicola in Francia si può estendere a qualcos’altro rispetto ad una concezione puramente commerciale?

Di recente ha avuto luogo un’interessante tavola rotonda presso l’OIV avente per oggetto la nozione di marca di vino in Francia. Al centro dell’incontro, animato da Bernard Burstchy, troviamo produttori,  giornalisti e professionisti cercano di capire se la nozione di marca è compatibile con la visione francese del vino.

Il dibattito è stato lanciato su una definizione valida ma certamente un pò « strettina » della nozione di marca.  Se i criteri di volume, di notorietà, di qualità e di conseguente investimento in marketing/comunicazione possono servire a definire cosa sia una marca di vino,  secondo Philippe Alexander, è stato un peccato che il confronto non si sia esteso più ampliamente sulla capacità di alcuni attori della filiera, quelli che spesso ne hanno più profondamente necessità, di pensare la comunicazione intorno alle loro AOC (denominazioni) – ma anche vitigni – come fanno per esempio i responsabili di grandi marche commerciali.

La riflessione di Philippe Alexander sul blog di Sowine va oltre: la nozione di marca nel mondo del vino si potrebbe riassumere alle sole marche commerciali come ad esempio Roche Mazet e Vieux Papes o i suoi attributi non sono forse estensibili alle sacrosante nozioni di terroir e vitigno?

Che i terroirs e i vitigni siano di proprietà pubblica, come sottolineato peraltro da Yves Bérnard, siamo tutti d’accordo: lasciamo alle istituzioni dunque il compito di legiferare sulle nozioni di tipicità, volume e regolarità della qualità che definiscono le AOC e i loro assemblaggi, con le emissioni e le eccedenze che ciò comporta. Ma non è compito forse, dei produttori, delle cooperative e delle interprofessioni, organizzazioni in parte private indipendentemente dalla loro dimensione, di fare il possibile per accrescere la notorietà delle loro particolarità e dei loro rispettivi territori?

Questo tipo di lavoro passa per forza attraverso un utilizzo giudizioso delle stesse tecniche che sono servite a costruire il successo commerciale delle marche, ovvero una comunicazione pensata che conosce le leve per trasmettere efficacemente il messaggio ai consumatori e che trova i mezzi per raggiungere le proprie ambizioni.

Che questa incapacità di vedere nell’approccio della marca un possibile vettore di comunicazione per altro oltre che una società commerciale sia rivelatrice di una problematica esagonale? I produttori del Nuovo Mondo e qualche rara eccezione francese  a questo titolo hanno più di una lezione da dare ai Francesi (e agli Italiani ndt) sulla possibilità di sviluppare un approccio della marca che valorizzi a pieno la legittimità del vitigno e del territorio. (Fonte: Sowine)

E in Italia?

Ad aprile dell’anno scorso è stato effettuato uno studio promosso da Vinitaly sul « Valore del Marchio nel mondo del vino », dove Marchio in questo caso è inteso come Marca, ma non è semiologicamente la stessa cosa, e chi si occupa di semiotica lo sa bene. In ogni caso lo studio che si può trovare descritto anche qui porta alla luce quanto per il consumatore sia importante, oltre al passaparola,  il proprio territorio e il valore della Marca conosciuta in termini di fiducia.

E se incrociassimo i dati? Se incrociassimo i dati vedremmo che anche in Italia Philippe Alexander ha ragione, è un peccato concentrarsi così poco sui terroir e vitigni in termine di comunicazione, visto che anche i consumatori lo chiedono 😉